Durante la tavola rotonda il prof. Davide Gaeta, titolare di Eleva ha ricordato la storia della cantina iniziata circa 20 anni fa con un lascito testamentario ad un’associazione di cardio chirurghi pediatrici.
Convocato come esperto nel settore del vino decise di acquisire la proprietà situata nella Conca d’Oro a Sant’Ambrogio di Valpolicella.
L’attività’ della cantina ha realizzato, vari progetti benefici come un ospedale pediatrico in Camerun che e’ tutt’oggi uno dei centri sanitari per i bambini di riferimento dell’Africa Centrale.
Durante l’incontro è stato presentato il nuovo IGT Cercastelle frutto di 9 anni di studi e ricerche coordinate da Raffaella Veroli, enologa e co-titolare della cantina.

 

leggi di più su tgverona


Le riflessioni di Mattia Vezzola (Costaripa) e Marco Sartori (Roccolo Grassi), e dei professori Davide Gaeta (anche produttore) e Maurizio Ugliano

“Ogni azienda ha un pensiero sulla qualità che si esprime nella ricerca di una “stella” enologica, quel vino in cui si mette il cuore. E qui due mondi si scontrano, quello della creatività consentita dalle Igt e quello delle regole dei disciplinari delle Doc”. Così Davide Gaeta, docente di economia all’Università di Verona (ed amministratore della cantina della Valpolicella Eleva, con l’enologa Raffaella Veroli), ha stimolato ad un confronto, nella sua cantina, sul valore innovativo di vini “oltre le regole” delle Denominazioni, tema quanto mai attuale sotto ogni aspetto (compresa la riflessione sull’attualità o meno delle “commissioni di assaggio” lanciata da qualche tempo del Slow Wine, ndr), che riflettono una visione del produttore, con Maurizio Ugliano, professore di enologia dell’Ateneo veronese, e due produttori “puristi” delle Doc, Marco Sartori di Roccolo Grassi, griffe della Valpolicella, e il produttore ed enologo Mattia Vezzola di Costaripa, cantina simbolo della Valtènesi – “come d’altra parte purista ero io – ha sottolineato Gaeta – prima di produrre il nuovo vino Igt Veneto che abbiamo chiamato appunto “Cercastelle”. Vino che lungi dal voler proiettare Eleva fuori dalle denominazioni della Valpolicella, valorizza in blend un vitigno locale (Oseleta) ed uno internazionale (Merlot) che Franca Maculan, fondatrice dell’azienda (per lascito testamentario donata ad un ente benefico, ndr) aveva piantato sulle 28 terrazze che insistono sui 6 ettari accorpati dell’azienda.
“Considerando che il 60% del vino mondiale è prodotto in Paesi extra Ue che non usano appellazioni o le usano in modo differente – ha proseguito Gaeta – è lecito chiedersi se Doc e Igt possano convivere sullo stesso territorio o se serva “revisionare” il loro rapporto”. “Fin da quando ho iniziato nel 1996 – ha raccontato Marco Sartori, dell’azienda di Mezzane di Sotto – ho scelto di lavorare in ambito Doc. La fortuna dei vini Valpolicella, in particolare dell’Amarone, mi ha aiutato ad emergere. Ho sperimentato per migliorare la qualità, per esempio destinando vigneti diversi al Valpolicella all’Amarone, al fine di far crescere l’azienda e al contempo il territorio. La nascita dei Supertuscan e l’uscita di produttori importanti dai Consorzi per potersi esprimere in modo nuovo mi aveva molto colpito e fatto balenare il desiderio di fare un’Igt”.
A proposito del fenomeno Supertuscan, che ha avuto il grande merito di portare alla ribalta internazionale i vini italiani, il docente di economia all’Università di Verona (ed amministratore della cantina della Valpolicella Eleva, con l’enologa Raffaella Veroli) Davide Gaeta ha ricordato come, nel Chianti Classico, è stata risolta la “diaspora” dalla Doc di aziende blasonate, come Fontodi e Pergole Torte, essendo lui coinvolto, all’epoca, come consulente del Consorzio del Gallo Nero. “Il “riaggiustamento” della piramide qualitativa con l’introduzione al vertice di una nuova categoria, la Gran Selezione, con criteri di produzione più stringenti, ha fatto rientrare nella Doc alcuni produttori. La soluzione non fu accolta con favore – ha commentato Gaeta – ma i fatti hanno dato ragione alla scelta. I disciplinari delle Denominazioni fissano nel dettaglio le regole di coltivazione, salvo poi decidere di stravolgerli in una notte quando si vuole. Questo fa supporre che possano essere resi più elastici ed inclusivi”.


Elasticità di cui da più parti si sente la necessità, ma non al punto da “includere” vini che nascono con una filosofia differente, alla base della loro stessa classificazione Igt. “Ho continuato sulla strada delle Doc – ha proseguito Marco Sartori della griffe della Valpolicella, Roccolo Grassi – perché credo nei Consorzi di tutela come enti di mediazione tra le posizioni dei diversi attori del territorio, che, a volte, hanno interessi contrastanti. E nella funzione della Doc nel conferire identità forti ai vini”. Identità che si misurano con la “grandezza” di un vino.
“Il grande vino deve avere tre caratteristiche – ha detto Mattia Vezzola della tenuta di Moniga del Garda, raccontando una conversazione con Denise Dubourdieu, che è stato uno tra gli enologi più importanti al mondo. Deve costare molto e da 200 anni, a testimonianza che il mondo intero lo reputa grande. Deve provenire da viti passate di padre in figlio per tre generazioni che le hanno migliorate con almeno tre cicli di selezione genetica. E, infine, il grande vino deve avere la capacità di mantenere la propria identità molto a lungo negli anni”. Sicuramente queste condizioni concorrono a produrre un grande vino, insieme a molte altre, ma se fossero le uniche in Italia non ne avremmo molti, o almeno molti di meno rispetto a quelli che abbiamo. Altre strade da percorrere, e in meno di 200 anni, possono condurre al “vino stella”. Vocazionalità del territorio, gestione viticola finalizzata all’equilibrio vegeto-produttivo della vite, età e “qualità genetica” delle piante, insieme al savoir faire sono gli ingredienti principali indispensabili. “La sfida – ha commentato il produttore ed enologo Mattia Vezzola – è fare un vino sempre coerente con se stesso senza cambiarlo per stare dietro ai mutamenti del gusto. Una prerogativa che spesso viene disattesa quando aziende storiche passano di mano: il vino è buono, ma diverso, e il prezzo rimane lo stesso. Se nell’ambito di una Doc si vuole trasferire al consumatore il valore del proprio lavoro bisogna stare alle regole del gioco. Una buona viticoltura e il miglioramento della genetica delle viti in funzione del proprio obiettivo enologico sono essenziali. In Champagne e in Borgogna si coltiva lo stesso vitigno, lo Chardonnay, ma con caratteristiche diverse e adeguate ai due vini”. L’uva deve avere in sé caratteristiche ed elementi che contribuiscono a creare il “vino stella”.
“Questo è il punto di partenza ineludibile – ha sottolineato Maurizio Ugliano – diversamente è necessario ricorrere ad una enologia interventista nemica dell’eccellenza. Il vino che aderisce all’espressione di un territorio, ad un’idea collettiva di tipicità avrebbe bisogno di essere ben raccontato. Invece, nei disciplinari, ricorrono descrizioni organolettiche paradossali, come “vinoso” o “franco”, o vengono indicate note poco credibili come quella di ciliegia, che nel vino non esiste perché è uno dei frutti meno o affatto profumati. Lo Chablis è associato alla mineralità, per quanto questo descrittore possa essere discutibile. I Sauvignon della Loira si caratterizzano per il fumé. Ecco che perché una denominazione possa svolgere il suo ruolo anche nel racconto univoco e originale del vino ci vuole uno sforzo da parte di tutti, anche della comunità scientifica. Così potremmo valorizzare anche la nostra grande biodiversità viticola che non ha eguali”.
“Però – ha aggiunto il produttore Marco Sartori (Roccolo Grassi) – non abbiamo il coraggio di svecchiare i disciplinari che potevano andare bene negli anni Sessanta del Novecento, agli albori della nascita di molte Doc. Dobbiamo tornare a fare selezione massale ed a valutare in modo corretto i millesimi. La grande annata esiste se ci sono anche quelle piccole. La nostra storia enologica è breve. Il vino italiano ha bruciato le tappe: in poco tempo ha conquistato i mercati internazionali e per farlo ha anche dovuto assecondare i gusti dei consumatori. Nell’Amarone, per esempio, lasciando elevati residui zuccherini e usando vitigni che lo rendessero più piacione. Oggi dovremmo avere la maturità per riappropriarci di uno stile più vicino alla nostra identità e siamo facilitati dall’accettazione da parte dei consumatori di vini meno colorati e opulenti”.
Corale il richiamo alla necessità di una ricerca finanziata e coordinata anche con i Consorzi di tutela sempre più urgente per la pressione del cambiamento climatico che rende inadeguate anche varietà molto diffuse; ed ancora di una maggiore coscienza civica di appartenenza ad un territorio a tutela dei suoi prodotti e dell’ambiente. “Una ulteriore sfida – ha concluso il professore di enologia dell’Ateneo di Verona, Maurizio Ugliano – è comprendere in che rapporto stanno tra loro elementi che compongono il valore di una bottiglia. Lo sforzo deve andare oltre il miglioramento della qualità intrinseca e dell’assaggio del vino, ad innestare aspetti umanistici al di là di Doc e Igt. La qualità spiegata e tangibile rende il prezzo insindacabile”.

leggi più su WineNews


estremamente interessante il dibattito aperto da Davide Gaeta, docente economia università di Verona,  nella sua cantina della Valpolicella Eleva a proposito del rapporto, qualitativo e non solo, fra vini DO e IG, sullo stesso territorio, stesso distretto, vitigni e uvaggi molto simili

 

 


Piacenza Ovse-CevesUni

20 Dicembre 2022

Giampietro Comolli

Trovo estremamente interessante il dibattito aperto da Davide Gaeta, docente economia università di Verona,  nella sua cantina della Valpolicella Eleva a proposito del rapporto, qualitativo e non solo, fra vini DO e IG, sullo stesso territorio, stesso distretto, vitigni e uvaggi molto simili.

La stampa riporta alcune riflessioni interessanti di produttori chiamati a portare un contributo e difensori assoluti del valore diretto e indiretto di qualsiasi “denominazione” come i vicini di casa,  Marco Sartori e Mattia Vezzola. Definiti due puristi della doc. E’ abbastanza nota la mia posizione su DO-IG e relativi consorzi, ma non sono contrario ad un percorso alternativo e diversificato di accesso e arrivo alla DO da parte di tutti i territori produttivi. Anzi ne sono stato un estensore legale più di 20 anni fa, buttando le basi dell’erga omnes e del valore della piramide di qualità insieme al prof Mario Fregoni, allora docente, cattedratico, presidente OIV, presidente Comitato Vini, estensore della legge 164  del 1992 e ancora prima vicino alla Dpr 930 del 1963.

Tema noto, ma giustamente, tema che – oggi – deve essere sondato, forse rivisto o anche solo adattato a nuove condizioni aziendali e di mercato, ma anche di transizione ambientale, ecologica, energetica climatica e atmosferica.

Penso a due “fattori produttivi” della vitivinicoltura italiana che non hanno solo valore economico: la ricerca di vitigni distintivi territoriale che siano anche “naturalmente” resistenti alle malattie crittogame in modo da eliminare al 100% se possibile tutti gli agro e fito farmaci; secondo, la necessità per molti distretti DO italiani (Docg e Doc e Igt) oggi consolidati anche noti produttori di grandi vini riconosciuti messi in crisi o vicino alla crisi per un cambio climatico che “stressa” la vite e condiziona la tipologia del vino.

Penso alla siccità anche invernale e primaverile oltre che estiva e alle prolungate alte temperature in periodo vegetativo della pianta in zone del sud Italia, ma anche sulle coste marine, in pianura padana. Spostare le Doc? Mollare la vitis vinifera? Aspettare il genoma editing? Cambiare gusto e sapore ai vini Do?

Che risposta dà il consumatore? Il consumatore sa e conosce la problematica? Il mondo del vino è ancora molto orientato a privilegiare il nome di vitigno rispetto a quello geografico, solo in Europa esiste una tutela e scelta della denominazione territoriale … ma in alcuni casi sta regredendo per causa anche collegate alla “tutela” e alla funzione consortile di tutela delle proprietà intellettuali.

La UE stessa ha già posto sul tavolo il tema. E’ giusto quindi continuare a gestire l’attuale piramide? Tutti convinti i presenti sulla necessità di “svecchiare” il modello dei disciplinai delle DO e consentire un gestione piramidale più aziendale che consortile. La grande forza di un vino nasce nella azienda familiare per almeno qualche generazione, altrimenti è solo commercializzazione che poi si identifica in un distretto più ampio, poliedrico e multilaterale.

Affermazioni che sposano una mia idee di qualche anno fa quando ho iniziato a vedere “scollamenti” nei consorzi e nei territori soprattutto dove c’è una grande disparità di peso produttivo fra pochissime aziende vinicole e cooperative grandi e diverse piccole aziende famigliari. Oggi forse il tema quantità e peso aziendale si lega di più al rapporto disciplina e libertà di impresa e al rapporto qualità riconosciuta e qualità zonale-climatica  e molto meno rispetto alla gestione collettiva di una denominazione proprio per “bisogni” differenti fra piccoli imbottigliatori e grandi imbottigliatori. Tema che deve essere affrontato prima possibile. non è una questione di prezzo al consumo che fa la differenza, ma una qualità globale dettata da fattori diversi legati alla identità territoriale ma in base a aspetti e elementi umani e civili del tempo e dei modi.

Giampietro Comolli

Redazione Newsfood.com


Il vino del futuro, tra le regole dei disciplinari delle Doc, e la creatività delle Igt.
Le riflessioni di Mattia Vezzola (Costaripa) e Marco Sartori (Roccolo Grassi), e dei professori Davide Gaeta (anche produttore) e Maurizio Ugliano. “Ogni azienda ha un pensiero sulla qualità che si esprime nella ricerca di una “stella” enologica, quel vino in cui si mette il cuore. E qui due mondi si scontrano, quello della creatività consentita dalle Igt e quello delle regole dei disciplinari delle Doc”. Così Davide Gaeta, docente di economia all’Università di Verona (ed amministratore della cantina della Valpolicella Eleva, con l’enologa Raffaella Veroli), ha stimolato ad un confronto, nella sua cantina, sul valore innovativo di vini “oltre le regole” delle Denominazioni, tema quanto mai attuale sotto ogni aspetto (compresa la riflessione sull’attualità o meno delle “commissioni di assaggio” lanciata da qualche tempo del Slow Wine, ndr), che riflettono una visione del produttore, con Maurizio Ugliano, professore di enologia dell’Ateneo veronese, e due produttori “puristi” delle Doc, Marco Sartori di Roccolo Grassi, griffe della Valpolicella, e il produttore ed enologo Mattia Vezzola di Costaripa, cantina simbolo della Valtènesi – “come d’altra parte purista ero io – ha sottolineato Gaeta – prima di produrre il nuovo vino Igt Veneto che abbiamo chiamato appunto “Cercastelle”.

 

leggi di più su tenuteagricole24.it


Il professor Gaeta lancia un Igt «Oseleta con un taglio bordolese».
Dai banchi dell’ateneo alle «marogne» della Valpolicella D professor Gaeta lancia un Igt «Oseleta con un taglio bordolese» La cantina Eleva ha presentato il nuovo prodotto, «II Cercastelle», con un convegno •• Si chiama «Cercastelle» il primo rosso Igt della cantina Eleva presentato mercoledi nella sede a Sant’Ambrogio di Valpolicella. «Un taglio bordolese interpretato alla valpolicellese» lo ha definito il proprietario Davide Gaeta (docente di Economia aziendale all’ateneo di Verona) con la socia ed enologa Raffaella Veroli, realizzato dalle vinificazioni separate di uve 60% Merlot e 40% Oseleta, sposando un vitigno internazionale a tendenza dolce e uno autoctono, più ruvido. Erano presenti all’incontro Marco Sartori dell’azienda Roccolo Grassi, Mattia Vezzola di Costaripa in Valtenesi e Maurizio Ugliano, docente di enologia all’università di Verona per un confronto sul delicato rapporto tra Doc e Igt e sulle loro potenzialità sul mercato.

 

Leggi di più su tenuteagricole24.it


Una storia tra libri e la terra. A Sant’Ambrogio, nel cuore della Valpolicella, un professore ed un’enologa pluri-laureata (anche in Scienze naturali e con specializzazione in bioetica) animano una vigna bellissima nata dal sogno di una donna fiera. Assaggiamo una triade di vini rigorosi e promettenti: Piovesole, Tenzone e Fralibri.
COPERTINA_NovDic 2016 Redazionale ELEVA-1 Redazionale ELEVA-2